Oltre mari il ricordo d’ombre avanza
veloce incedere di memorie informi
che il dar di piglio strappa il tempo
in minuti brandelli.
Le acque ventrali ormai disperse
le mie terre resero fertili in fantasia
che all’uopo mi salva ancora dai vespri del reale
quando le doglie del dovere rompono il capo.
Ahimè che a metà via mi ritrovo in selve di picche e strali
che guizzano dal ciel di sotto
quel tappeto oscuro di trame e orditi inestricabili
orrido quanto amato sostegno.
Non posso evitarne il taglio
ne rendermi muto al dolore
così urlo meraviglia e non impreco
che non van sedotti i vaneggi delle credenze.
Se mi arresto son perduto nel riperso immemore
perché il reale non dà tregue, ma insostenibili affanni
e gelosie incestuose con la madre vanità
perciò creo mondi nuovi da astri morti.
So che è impresa che non affranca dal morire
che se qualcuno mai l’avesse vinta oggi ne patiremmo
e neppure faccio il verso ai credenti
che hanno il loro bel da fare per le eterne noie.
Io non credo
ma creo nella veglia emozioni
momenti di dolcezza quasi formata
che mi portano solerti ai piedi di un buddha
ancora umidi delle lacrime di un dio liberato.